Una internazionalizzazione rinnovata e l’importanza di Eurasia
La pandemia e i suoi effetti.
John M. Barry scrisse nel 2004 un interessante libro “the Great Influenza”, dedicato all’Influenza Spagnola. Barry racconta la vita in quel periodo, indicando quali errori si possano commettere, nel gestire una pandemia, e mettendo in evidenza l’importanza che ha una vera leadership in uno Stato, per poter prendere le opportune decisioni a salvaguardia del proprio popolo. L’autore, poi, si concentra sulle conseguenze politiche della pandemia, che secondo lui avrebbero posto alcune basi per lo scoppio, negli anni successivi, della Seconda Guerra Mondiale. Riportando alcune testimonianze dell’epoca, Barry scrive: “In realtà avevamo quasi paura di respirare … Avevi paura persino di uscire … La paura era così grande che le persone avevano davvero paura di uscire di casa … paura di parlare ad un altro.” E ancora: “Teneva le persone separate … Non avevi vita scolastica, non avevi vita in chiesa, non avevi nulla … Ha distrutto completamente tutta la vita familiare e comunitaria”.
Leggendo le testimonianze e vedendo le disposizioni adottate dai Governi dell’epoca, ci sembra di osservare ciò che stiamo vivendo oggi. Eppure allora si viveva e poi la normalità tornò. Se si pensa al secolo scorso si assiste ad una grande ripresa nel 1920, non appena l’epidemia divenne meno aggressiva.
Scrivo questo, perché dalla storia occorre imparare.
Ogni crisi porta in sé il germe del cambiamento.
La cosa più saggia sarà interpretare questo momento come un’opportunità per correggere quanto era troppo fragile e obsoleto, senza aspettare inutilmente che tutto torni come prima. E considerare che occorrerà tempo per tornare alla normalità.
E’ fondamentale comprendere che in un modo o nell’altro questa situazione di emergenza finirà, ma ci restituirà un mondo differente. Così è sempre stato al termine di ogni pandemia.
Devo, però, sottolineare come, oggi, la situazione pandemica abbia certamente impattato su un mondo differente, completamente globalizzato e dotato di mezzi di comunicazione tecnologicamente avanzati. Se è vero che ci troviamo a vivere separati, ciascuno nel proprio Paese, è altrettanto vero che possiamo continuare a tessere relazioni ed occuparci di scambi commerciali, forse più difficoltosi, ma sempre possibili. Proprio questa nuova opportunità ci consente di continuare a costruire e realizzare progetti tra Paesi.
Partendo dalla considerazione che una pandemia viene così qualificata proprio perché riguarda tutti i Paesi, occorre però notare come diversa sia stata la reazione dei singoli Stati, o meglio dei diversi continenti, a seconda delle proprie caratteristiche e come si sia acuito il divario tra un Occidente, dove prevale l’individualismo, e un Oriente dove prevale il bene comune; da un lato il ricorso alla medicina come strumento fondamentale di salvaguardia e dall’altra la lotta preventiva al contagio, con misure severe, imposte ed accettate da tutti.
Sicuramente la globalizzazione aveva dei punti di fragilità e l’arrivo di un virus non particolarmente letale, ma sconosciuto e molto contagioso, è stato sufficiente per alterare gli equilibri, rendendo visibili tutte le nostre debolezze. Basti notare come ogni Paese, pur seguendo le linee guida principali, poi si stia adattando in modo differente alla situazione della pandemia. Ciascuno reagisce utilizzando le proprie risorse e cercando di correggere quanto possibile. Diverse anche le reazioni a livello commerciale. Così alcuni Paesi, dove possono, riportano in Patria parte delle produzioni che erano state delocalizzate in Asia, perché hanno imparato quanto sia pericoloso, e in determinati casi improduttivo, delegare ad altri la propria produzione. Nello stesso tempo alcuni imprenditori hanno avuto un profitto dalla localizzazione della produzione, salvando le vendite in Paesi che hanno chiuso i confini, rendendo anche difficile l’importazione di prodotti stranieri. Così è avvenuto per alcune società che avevano localizzato la produzione in Russia.
Tutto ciò, come già dissi, a favore di una corretta internazionalizzazione a cui segua una localizzazione produttiva e a discapito della scelta erronea di delocalizzazioni, prevalentemente finanziarie, poco ragionate.
Proprio da questa osservazione, come dalla mia esperienza, ho compreso quanto sia ancora più importante oggi vincere l’individualità e unirsi per raggiungere un obiettivo; quanto sia importante adattarsi, saper mutare il proprio approccio e la propria vision in ragione della situazione che si trova innanzi.
Occorre adeguarsi, accettare il cambiamento, ma non improvvisarsi.
Così ha ripreso la sua attività l’Associazione per la costituzione della Camera di Commercio Italia Eurasia.
Una internazionalizzazione rinnovata.
L’Associazione per la costituzione della Camera di Commercio Italia Eurasia si propone di proseguire l’importante compito di sviluppare un costante rapporto tra i Paesi che compongono Eurasia, offrendo una visione innovativa e più performante dell’internazionalizzazione e donando maggiore concretezza agli scambi commerciali tra i Paesi.
In attesa di poter proseguire la nostra progettualità all’estero, che richiede costanti viaggi e presenza in loco, abbiamo immaginato di mettere a frutto quanto già avevamo costruito, così da diventare un punto di riferimento di fiducia in Europa per gli investitori che cerchino un immobile, da comprare o costruire, ma anche prodotti di qualità e attività commerciali o produttive per creare partnership produttive o di fatturato. Con il nostro network possiamo garantire la presenza di professionisti in più settori e in più Paesi stranieri e pertanto un’assistenza professionale e personalizzata.
Siamo convinti che questa attività si possa certamente arricchire in futuro, quando sarà possibile spostarsi.
Detto ciò, possiamo immaginare che la globalizzazione non potrà arrestarsi. Sicuramente abbiamo avuto una battuta d’arresto negli scambi, nel 2020, ma proprio il periodo in cui ciò è avvenuto in modo più importante, ha messo in evidenza la difficoltà per l’economia di svilupparsi senza un fitto scambio di merci tra i Paesi. Nel momento in cui gli altri Paesi faticavano per la pandemia, nel 2021, la Cina, risolto il problema sanitario, invadeva il Mondo con i propri prodotti.
In un panorama internazionale di questo tipo anche gli imprenditori italiani delle PMI si trovano costretti a concentrare i loro sforzi per aumentare il loro approccio sui mercati stranieri, adeguando la mentalità, il prodotto, il marketing e la promozione onde mantenere la loro competitività.
In molti casi, non accedere ai mercati internazionali ha significato chiudere la propria attività o non riuscire più a reggere la concorrenza e dover vendere in tutto o in parte le quote della propria società.
Nonostante i grandi sforzi degli ultimi anni, l’Italia è ancora un Paese che non fa sistema e spesso gli imprenditori che accedono ai mercati stranieri, vi giungono da soli, con le proprie forze, non sufficientemente supportati dalle istituzioni e spesso abbagliati da chi promette facili percorsi, tacendo le vere difficoltà.
Le associazioni, come la nostra, possono fungere da punto di riferimento in questa fase, adeguando le loro offerte al mutato modo di intendere l’internazionalizzazione, soprattutto aiutando gli imprenditori ad accedere a risorse finanziarie e ad una adeguata formazione. Fornendo un vero e concreto supporto.
L’esperienza di anni mi ha sempre più convinta dell’inutilità di offerte uniche per imprenditori diversi, di missioni senza scopo o incontri B2B non accompagnati da una fitta comunicazione mirata. Non si può fare business all’estero senza conoscere le dinamiche del mercato di riferimento o non tenendo conto della domanda locale. Occorre prepararsi prima, conoscere cultura e tradizioni del paese di riferimento. Se è vero, poi, che i prodotti italiani sono conosciuti ed apprezzati in tutto il mondo, la loro diffusione è ancora meno estesa di quanto si possa immaginare ed il “Made in Italy”, pur avendo mantenuto un certo livello di riconoscibilità, non è più garanzia unica di esportazione. Al di fuori del Mondo Occidentale, gli acquirenti spesso non sono in grado di valutarne la differenza rispetto a prodotti di altri Paesi, ma sicuramente sono portati a privilegiare il prezzo piuttosto della qualità.
Dico questo, perché incontro un sempre maggiore numero di imprenditori diffidenti nei confronti di questa materia. Tutti vogliono andare all’estero, ma spesso affrontano l’impresa in modo superficiale o impreparati o non sanno dove dirigere la propria attenzione, ma soprattutto pretendono di farlo da soli.
Per questo motivo, noi riteniamo sia importante proporre progetti a gruppi di imprese in filiera, in modo tale che, sotto una direzione e protezione comune, possano salvaguardare la loro unicità. Il mondo degli individualisti è finito.
L’importanza di Eurasia
Vorrei far comprendere quanto possa essere interessante per l’Italia porre la propria attenzione su un’area del mondo molto conosciuta, ma di cui si parla ancora troppo poco: Eurasia.
La mia esperienza, in più di dieci anni trascorsi a studiare le dinamiche dei mercati di più di venti differenti Paesi, e la mia poliedrica attività, sfociata nell’organizzazione di eventi, congressi e missioni di affari, ma anche nella realizzazione di progetti per gli imprenditori, mostre d’arte internazionali e testi di approfondimento, mi ha portata ad occuparmi oggi principalmente dell’area eurasiatica.
Il termine Eurasia sta ad indicare l’insieme di Europa e Asia, saldate geograficamente così da apparire come un unico grande continente e separate solo per motivi storici e politici.
Al suo interno sono nati accordi, Unioni commerciali ed economiche, volte a garantire un maggiore sviluppo di tutta l’area. Grande promotrice dello sviluppo di quest’area è stata la Russia.
Costituisce una delle opportunità più interessanti per l’imprenditoria italiana l’Unione Economica Eurasiatica (UEE). Fu fondata il 1 gennaio 2015 (a seguito dell’accordo firmato nel novembre 2011), dalla volontà della Russia e di altri quattro Governi dell’ex Unione Sovietica, al fine di garantire la libera circolazione di beni, servizi, capitali e forza lavoro all’interno dei suoi confini ed ad assicurare l’implementazione di politiche economiche comuni, concordate o coordinate per alcuni settori dell’economia.
Paesi membri: Russia, Kazakistan, Bielorussia, Armenia, Kirghizistan.
Altrettanto interessanti gli interscambi con gli altri Paesi dell’ex Unione Sovietica, riunitisi nella Comunità degli Stati Indipendenti (CIS), fondata nel 1991.
Paesi membri: Russia, Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Moldavia, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan.
Oggi la Russia e la Cina hanno un ruolo determinante nella costituzione e sviluppo di un nuovo super-continente, stringendo accordi, investendo e rendendo concreto e visibile lo sviluppo di quella parte del Mondo.
Ricordiamo l'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (OCS), organismo intergovernativo fondato il 14 giugno 2001 dai capi di Stato di sei Paesi: Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan. Ad essi si sono aggiunti Uzbekistan, India, Pakistan ed Iran.
La linea d'azione dell'Organizzazione per la Cooperazione è fortemente influenzata dalle preoccupazioni espresse dai paesi membri dell'Asia centrale relativamente alla sicurezza e, pertanto, si è identificata una minaccia comune nel terrorismo, nel separatismo e nel fondamentalismo, per poter agire in modo unitario.
Tale organizzazione ha lo scopo principale di promuovere i rapporti economico- commerciali, in particolare nel settore dell’Oil & Gas, e di garantire una cooperazione culturale tra i Paesi membri.
Tutti abbiamo sentito parlare del progetto cinese di una Via della Seta in chiave contemporanea destinata a collegare l'Asia all'Europa e all'Africa, ma non tutti si sono resi conto di quali opportunità questo possa rappresentare già da ora.
Nel corso del Russia-Africa Forum di Sochi, dell’ottobre 2019, sono state prese importanti decisioni ed è stata creata una piattaforma per facilitare la presenza e gli investimenti russi in Africa.
Questo significa che si sta creando un mercato dalle dimensioni impressionanti, che vede la sua porta di ingresso nei paesi dell’Asia Centrale.
Il nostro è un paese ricco di tecnologia, apprezzato in tutto il mondo e considerato unico per la sua creatività e per come i nostri imprenditori, a differenza di altri, sanno adeguarsi alle richieste del committente, in tutti i settori merceologici.
Per questo motivo ritengo sia importante prendere in considerazione i Paesi che compongono Eurasia, ricchi di opportunità, alla ricerca costante di tecnologie, in costante crescita. Soprattutto perché in quell’area si stanno concentrando grandi investimenti.
Molti studiosi si sono espressi concordemente sull’eccessivo peso della politica nell’economia e in molti criticano le sanzioni economiche, che ne sono stretta conseguenza. E non solo in Russia.
Probabilmente, proprio la volontà russa, più volte ribadita, di annettere l’Europa in questo grande mercato, quale parte integrante di Eurasia, è stata causa primaria dei problemi commerciali tra noi e delle relative sanzioni, mentre l’indebolimento del rublo è stata invece la causa primaria della diminuita esportazione dei prodotti italiani verso quel Paese, in quanto divenuti troppo cari.
Imporre sanzioni commerciali significa dare maggiore valore alla geopolitica, per chi intenda investire in una data area geografica.
Ciò significa anche, però, guardare con sospetto eccessivo determinati Paesi.
Certo il tema delle “sanzioni finanziarie” imposte dall’Europa non è l’unico, perché per accedere ad alcuni mercati, come quello russo, occorre essere strutturati, ma sicuramente incide notevolmente.
Appare evidente che il tema delle sanzioni e l’allontanamento progressivo del nostro e di altri Paesi dal mercato russo, ha favorito l’ingresso dei popoli asiatici, che possono permettersi di investire grosse somme nel Paese e garantire comode dilazioni e aperture di credito ai propri clienti, in quanto non soggetti a restrizioni.
D’altra parte, questo punto, relativo alle sanzioni, gioca a favore dei Paesi dell’Asia Centrale, che ne sono esenti e che possono essere considerati anche come una porta d’ingresso verso la Russia. Appare ovvio che tale caratteristica li rende ulteriormente interessanti per gli imprenditori europei, che potrebbero cogliere l’opportunità di entrare in un mercato in continua espansione, aprendosi opportunità in più Paesi, tra loro collegati.