Dal “piccolo uomo” alla “rivolta di Atlante”

L’alfabeto cirillico prende il suo nome da San Cirillo che, nel IX secolo, insieme a suo fratello Metodio, elaborò la scrittura e diede origine anche alla lingua antica slavo-ecclesiastica, utilizzata per evangelizzare i popoli slavi.

La lingua russa superò diverse fasi, in cui il russo e lo slavo-ecclesiastico ebbero dinamiche di formazione parallele, coesistendo per molto tempo e stabilendo fra loro un rapporto di diglossia, ovvero una coesistenza in cui le due forme linguistiche si integravano e venivano utilizzate alternativamente a seconda delle circostanze.

E’ solo nel XVII secolo, con Pietro il Grande, che assistiamo alla prima grande riforma. Egli infatti si rese conto della necessità di una lingua scritta che corrispondesse alla realtà della lingua parlata, soprattutto per i ceti più alti, e dell’importanza di aprire le prime stamperie regolari, sottraendo al clero il privilegio della stesura di libri e svincolando, quindi, la letteratura dall'ambito religioso.

Se la scrittura in russo moderno compare nel XVII secolo con le opere di Avvakum Petrovič, la cui biografia viene considerata un capolavoro, ritroviamo la prima vera generazione di scrittori russi solo all’inizio del XVIII secolo, rappresentata da autori come Michail Lomonosov e Vasilij Tredjakovskij, e dobbiamo attendere il XIX secolo per vedere quella che viene considerata l’epoca d’oro della letteratura russa e soprattutto del romanzo.

Ricordiamo Aleksandr Puškin, Nikolaj Gogol', Aleksandr Ertel', Fëdor Dostoevskij, Lev Tolstoj, importante esponente del realismo letterario del XIX secolo e la cui dottrina morale ha dato origine al Tolstoismo, fonte di ispirazione per la lotta non-violenta.

La poesia si sviluppa con Nikolaj Nekrasov, Aleksandr Puškin, il suo poeta più significativo, Michail Lermontov, Vasilij Žukovskij, e Evgenij Baratynskij.

Anton Čechov oltre ad opere teatrali produce anche una serie di racconti brevi.

Proprio con questi autori nasce il tema del “piccolo uomo” (маленький человек), che diventa una costante delle opere realistiche degli scrittori russi del XIX e XX secolo. Di norma il protagonista è un personaggio povero, ma anche disgraziato, sfortunato, non dotato di capacità e talenti eccezionali e privo di ambizioni. Molto spesso il “piccolo uomo” si contrappone ad un personaggio altolocato, un “значительноe лицo».

Il primo scrittore che ci presenta questo tipo di personaggio è Aleksandr Puškin nel racconto "Il capostazione", dove il protagonista, Samson Vyrin, è un funzionario della classe più bassa, che vive nel suo piccolo mondo e che ha un’unica ricchezza, sua figlia, e che si trova a non avere più ragione di vivere quando ella fugge. Puskin ci regala un’analisi, priva di rimprovero, delle persone povere, semplici, sfortunate e sembra evocare simpatia e compassione per il suo protagonista.

Sarà poi Gogol a ripresentarci il “piccolo uomo” in “Il Cappotto”, che narra la vicenda umana di un funzionario, Akakij Akakievič Bašmačkin, deriso dai colleghi ed escluso dalla vita di San Pietroburgo, che si trova in difficoltà quando il suo cappotto logoro deve essere sostituito. Quando, dopo molti sacrifici, il protagonista riesce finalmente a comprarsi il cappotto nuovo, tutte le angosce sembrano abbandonarlo ed egli ritrova un posto nella società, al punto che i colleghi decidono di organizzare una festa per l’evento. Ma ecco che la disgrazia si abbatte di nuovo sul “piccolo uomo”; il cappotto gli viene rubato ed egli muore di freddo, dopo aver cercato invano giustizia.

Con Fëdor Dostoevskij, il "piccolo uomo" si trasforma in una vittima delle circostanze. Nel romanzo “Povera gente” egli dota il suo protagonista di capacità di riflessione e introspezione. Protagonisti un funzionario mezzo impoverito, schiacciato dal dolore, dal bisogno e dalla mancanza di diritti sociali, e Varenka, una ragazza che è diventata una vittima del disagio sociale.

Ritroviamo questa figura in molti racconti di Cechov, come in “L’uomo nell’astuccio”, “La morte di un funzionario”, “La ragazza che salta”, dove non solo si parla di una difficoltà sociale, ma anche psicologica. Cechov considera in modo innovativo il problema del "piccolo uomo". Nelle sue storie "La morte di un funzionario" (l'immagine di Chervyakov), e "L’uomo nell’astuccio" (l'immagine di Belikov), lo scrittore mostra che i personaggi stessi scelgono la strada del rimprovero. Se prima l'immagine del "piccolo uomo" meritava pietà e compassione, con Cechov questo protagonista merita la condanna.

Per molti altri scrittori russi, e per molto tempo, il “piccolo uomo” rimane un eroe comune, nel XIX e XX secolo.

Così sarà nelle prime opere di Alexander Kuprin, come il suo romanzo “Il duello”, in cui l’autore narra esempi di vita militare di giovani ufficiali che diventano vittime dei superiori o della realtà che li circonda. Nel “Braccialetto di granato” si scopre che il piccolo uomo di Kuprin è caratterizzato da un amore sottile, onnicomprensivo, senza speranza e commovente.

Mikhail Zoshchenko, satirico e umorista, è uno scrittore con una visione speciale del mondo, del sistema delle relazioni sociali e umane, della cultura, della moralità ed ha un suo particolare modo di scrivere. Zoshchenko desidera che anche le persone più modeste possano comprenderlo; per questo fa frasi brevi e i suoi scritti sono concisi. I suoi eroi sono persone comuni, poco appariscenti, che sono lontane dal comprendere le ragioni e il significato dei cambiamenti in atto, e non riescono ad abituarsi alle nuove leggi e ordinanze statali, quindi si trovano in situazioni quotidiane ridicole, a volte senza uscita.

L’occhio ironico di Vasiliy Shukshin narra i conflitti spirituali dell’uomo sovietico contemporaneo, “dilaniato dal dramma dell’avvenuta modernità e da essa trascinato in vicende che vanno dal comico al tragico”.

Il XX secolo è ricco di importanti avvenimenti che influenzeranno e cambieranno la letteratura russa; questo secolo si suddivide il 3 parti: prima e dopo la rivoluzione del 1905 e dalla caduta dello zar all’avvento del realismo sovietico di Stalin, quando il talento degli scrittori venne utilizzato per magnificare i meriti e i successi del regime e supportare la propaganda ufficiale.

Primo esempio è il romanzo “La Madre” di Maksim Gorkij del 1907, considerato il romanzo modello del realismo socialista: le vicende raccontate hanno come sfondo il mondo operaio e la fabbrica, evidenziando la monotonia e l’alienazione dell’individuo.

Dopo “La Madre” di Gorkij e prima di “La giovane guardia” di Alexandr Fadeev, “Così fu forgiato l’acciaio” di Nikolaj Ostrovskij, del 1932-34, è considerato un classico del realismo socialista sovietico e della letteratura comunista internazionale.

Il genere letterario prediletto dal realismo socialista è il romanzo: il romanzo epico – su modello ottocentesco – come “Vita di Klim Sangin” di Gorkij e il romanzo storico, come “Pietro il Grande” di Aleksej Tolstoj, dove il protagonista per carattere e attività ricorda lo stesso Stalin.

E’ tipico di questo periodo l’eroe positivo, che ha preso coscienza della spinta socialista del suo paese; il protagonista non solo è un uomo buono e privo di difetti, ma anche modello di ispirazione.

Nell'URSS del dopo-Stalin, il realismo socialista rimane l'unico stile letterario autorizzato, ma gli autori che pubblicano nel samizdat (“edito in proprio”) sono un po' più liberi. Il premio Nobel Aleksandr Isaevič Solženicyn riesce perfino, nel samizdat, a parlare dei Gulag.   Il samizdat sovietico fu un fenomeno unico nel suo genere e divenne un canale di distribuzione alternativo degli scrittori dissidenti. Consisteva nella diffusione clandestina di scritti illegali riprodotti in proprio (a mano o con la macchina per scrivere, talvolta col ciclostile); tali testi erano censurati dalle autorità, che li riteneva in qualche modo ostili al regime sovietico.

Il vero momento di svolta è il 1985, anno dell’ascesa al potere di M. Gorbačëv. Nel giro di pochi mesi la situazione letteraria muta completamente: vengono pubblicate opere fino ad allora inedite di scrittori come Bulgakov, Mandelštam, Pasternak, Platonov, V. Šalamov, Solženicyn ed appaiono nuove edizioni di autori dell’inizio del secolo o addirittura del 19° sec, non ristampati da decenni.

Dagli anni 1990 in poi, troviamo autori, come Vladimir Sorokin, rappresentanti del concettualismo nella letteratura russa, dove concetto e idea sono più importanti della forma.

Vladimir Sorokin nel 2001 ha ricevuto il premio letterario Andrej Belyj per meriti speciali nell’ambito della letteratura russa. Tra le opere più famose, anche all’estero, troviamo “Ghiaccio”, un bel libro che comincia come un noir, ma poi ci stupisce con un colpo di scena: i criminali sono i «missionari» di una potente setta, che vuole sterminare una società corrotta da sesso e violenza e far emergere gli eletti che parlano col cuore, letteralmente.

Ne “La Coda”, l’autore narra delle code che si formavano davanti ai negozi in epoca sovietica. Il libro è ambientato a Mosca e rappresenta un’umanità in costante attesa.

A questo genere di scrittori si affiancano poeti e narratori di generazioni diverse che continuano la riflessione, tipica della tradizione russa, su grandi problemi storici o su intime esperienze spirituali.

All’inizio del XXI secolo aumenta la domanda di libri del popolo russo e, come in tanti altri Paesi si fa strada il genere poliziesco. Grande successo hanno i romanzi polizieschi di Darja Doncova; i thriller di Boris Akunin e di Aleksandra Marinina sono ormai popolari in Europa e in Nordamerica.

Io credo nell’importanza della letteratura per conoscere veramente la storia di un Paese, essendo essa testimone di quanto accade, di come muti la vita e la mentalità di un popolo.

Per questo motivo ritengo importante non fermarsi alla lettura dei classici del XIX secolo. Consiglio di proseguire nella lettura, integrando con testi che rispecchino tutte le fasi di crescita e cambiamento, fino ad arrivare ai giorni nostri.

Certo la maggior parte di noi avrà letto le opere dei maggiori interpreti del periodo d’oro della letteratura russa: Aleksandr Puškin (Il prigioniero del Caucaso, La fontana di Bachčysaraj, I fratelli masnadieri, Evgenij Onegin, Gli zingari, Il conte Nulin, Zar Nikita e le sue quaranta figlie, Il fidanzato, Fiaba del pope e del suo bracciante, La fiaba dello zar Saltan, Boris Godunov,  La dama di picche, La figlia del capitano); Nicolaj Gogol (Il cappotto, Le anime morte, La confessione dell’autore, i racconti Taras Bul'ba  e Arabeschi, la commedia L'ispettore generale, la raccolta Racconti di Pietroburgo); Fëdor Dostoevskij (Povera gente; Il sosia, Il giocatore, Delitto e castigo; L’idiota, L’adolescente, I fratelli Karamazov, La padrona, Le notti bianche, Il sogno di un uomo ridicolo); Lev Tolstoj (Guerra e pace e Anna Karenina) o  Anton Čechov ( Il giardino dei ciliegi, Il gabbiano, Tre sorelle, Zio Vanja, Racconto di uno sconosciuto).

Tra i libri più noti del periodo successivo, dalla fine del XIX secolo al XX secolo indichiamo alcuni esempi.

  • Faina, Maschera di Neve e I Dodici di Aleksandr Blok, tra i più grandi poeti del secolo scorso; egli fu un esponente del simbolismo russo.
  • La nuvola in calzoni, Il flauto di vertebre e il mistero buffo di Vladimir Majakovskij cantore della rivoluzione d’ottobre, poeta futurista, ma anche drammaturgo, regista teatrale, attore, artista a tutto tondo.
  • Confessioni di un teppista e L’uno nero di Sergej Esenin , scrittore romantico e poeta contadino.
  • Re, donna, fante; Lolita e Cose trasparenti di Vladimir Nabokov, uno dei più grandi scrittori russi tra prima guerra mondiale e seconda. Russo, ma naturalizzato statunitense, scrisse opere in russo e inglese.
  • L'anno 1905, Il dottor Živago e Lettere agli amici georgiani di Boris Pasternak.

Curiosità. Il Dottor Zivago fruttò a Pasternak il premio Nobel nel 1958, ma scatenò una vicenda singolare che coinvolse i servizi segreti, dal momento che il regolamento dell'Accademia Svedese, prevede che per ottenere il riconoscimento, l'opera in questione debba essere stata pubblicata nella lingua materna dell'autore, requisito che Il dottor Zivago non aveva. I servizi riuscirono a intercettare una copia del libro in lingua russa, ma l´autore non si recò a ritirare il premio. Solo nel 1988 Il dottor Zivago venne pubblicato in Russia e l’anno successivo il figlio di Pasternak si recò in Svezia per ritirare il premio spettante al padre molti anni prima.

  • Noi di Evgenij Zamjatin, romanzo a carattere satirico ambientato nel futuro.
  • Il maestro e margherita e Cuore di cane di Michail Bulgakov
  • Una giornata di Ivan Denisovich; Arcipelago Gulag; La casa di Matrjona; Padiglione cancro/Divisione cancro/Reparto C; Il primo cerchio di Aleksandr Solženicyn, costretto all’illegalità o all’esilio, a causa dei suoi scritti di denuncia contro i crimini del comunismo. 
  • La madre e Vita di Klim Sangin di Maksim Gorkij
  • La valigia di Sergej Dovlatov. Nella Valigia, “Dovlatov raccoglie tutti gli oggetti che intendeva esule, portare via da Leningrado: a ogni oggetto corrisponde un episodio e un personaggio della sua vita vagabonda.” (cit. Sellerio)
  • Underground. Ovvero un eroe del nostro tempo di Vladimir Makanin. Uscito nel1998, è tuttora essenziale per la comprensione del cruciale passaggio dall’era sovietica al postcomunismo.

Ci preme qui indicare alcuni esempi di letteratura contemporanea, meno noti, ma recensiti in modo positivo dalla critica ed indicati quali libri significativi di questi ultimi decenni.

  • Il mignolo di Buddha di Viktor Pelevin, (1996). L’autore riesce attraverso la trama a discutere il passato e il presente della Russia. La trama della storia, infatti, salta tra vari periodi storici, e in particolare le vicende si snodano tra la Guerra civile russa e la Mosca degli anni Novanta, in un ospedale psichiatrico. A unire i due periodi è Pustotà, personaggio narrante, che si ritrova a interrogarsi sulla sua stessa sanità mentale.
  • La giornata di un oprichnik di Vladimir Sorokin (2006). Gli oprichnik erano la guardia privata di Ivan il Terribile che si guadagnarono una terribile reputazione quando sui loro cavalli neri, “ornati” di teste di cani morti, terrorizzavano la gente. Sorokin decide di raccontare una giornata nella vita di un ufficiale del 2027, in una Russia fittizia, dove le persone sono terrorizzate da moderni oprichnik con armi laser e auto sportive.
  • Il dono del dottor Kukockij di Ljudmila Ulitskaja (2001). Il protagonista è un medico geniale che ha un grande dono, perché riesce a vedere all’interno del corpo umano; ciò gli permette di capire immediatamente di quale malattia soffrono i suoi pazienti. Nel libro il rapporto tra lui e la moglie, l’unica donna che non cancella il suo potere, che riesce ella stessa ad accedere a misteriose dimensioni ultraterrene. Proprio le loro caratteristiche, col passare del tempo, quando l’amore si attenua, saranno causa di rottura.  La dicotomia tra corpo e spirito trova in questo romanzo familiare la sua espressione più profonda.
  • L’ultimo amore del presidente di Andrei Kurkov (2004). A Mosca, nel 2013, Sergei Bunin, presidente dell’Ucraina, sta sorseggiando vodka in una piscina d'acqua gelida, in compagnia di Putin, durante i festeggiamenti per il secondo bicentenario della dinastia Romanov.
    Bunin festeggia come tutti i più importanti capi di stato; lui che è discendente di una famiglia povera e che solo dopo tante vicissitudini è riuscito a raggiungere la più alta carica dello Stato. Ma Bunin ha grossi problemi cardiaci e il cuore gli viene sostituito con quello di un’altra persona e questo cuore sarà pronto a tradirlo in ogni istante.
  • Capelvenere di Mikhail Shishkin (2005). E’ un libro particolare, fatto di domande e risposte, in cui il protagonista lavora come interprete per i colloqui in un campo profughi svizzero e incontra ogni giorno persone che arrivano da paesi difficili e devono raccontare le loro vite attraverso semplici risposte.
  • Il peccato – Zakhar Prilepin (2007) Un romanzo fatto di frammenti. Dieci storie ispirate alla vita di Zachar Prilepin prima che diventasse scrittore di successo, dall’adolescenza all’età matura. Lo sfondo è la guerra in Cecenia.
  • Una storia russa di Ljudmila Ulitckaja (2011) Protagonisti tre compagni di scuola che si incontrano a Mosca negli anni ’50, un poeta, un pianista e un fotografo. Sono giovani e devono fare i conti con la nuova società, che vede censurati o esiliati i loro modelli di vita.
  • Lauro di Evgenij Vodolazkin (2012). Un guaritore medievale di nome Arsenij si ritrova incapace di salvare la sua amata e sceglie di viaggiare, vagando nell’antica Russia e raggiungendo anche Gerusalemme in cerca di conforto e redenzione. E’così che diventerà Lauro.
  • Zona industriale di Eduard Limonov (2012). Un “romanzo moderno”, così lo definisce l’autore, che attraversa gli episodi più rilevanti della propria vita, avvenuti prevalentemente dopo la sua scarcerazione, nel 2003. Unitamente alla sua storia personale, Limonov racconta la radicale trasformazione della zona industriale con i nipoti degli operai delle fabbriche che affittano i propri appartamenti alla borghesia post-sovietica e si trasferiscono in periferia e le vie del quartiere che si trasformano.
  • Il monastero di Zakhar Prilepin (2014). Questo libro, scritto da un giornalista, veterano della guerra in Cecenia, narra la difficile vita di Artëm Gorjainov, che negli anni Venti sconta una pena di tre anni alle isole Solovki, dove sorge un monastero adibito a prigione per reati politici e comuni.
  • Zuleika apre gli occhi di Guzel Jachina (2015). La storia è ambientata nel 1930 e narra la vita di una donna tatara durante il periodo della dekulakizzazione voluta da Stalin.
  • L’intera serie gialla-poliziesca dedicata all'ispettore Erast Fandorin di Boris Akunin.

FOCUS

Propongo qui un libro che ho amato molto e che consiglio di leggere, perché molte tematiche sono attuali.

La critica è sempre stata discorde nel giudicare questo romanzo, considerato da alcuni come uno dei simboli dell'ideologia capitalista ed elogio al libero mercato, mentre per altri il suo valore sta nel non essere solo un romanzo, ma, prima di tutto, un'analisi convincente dei mali che affliggono la nostra società.

La rivolta di Atlante è una trilogia(Il temaL'uomo che apparteneva alla terra, e L'Atlantide) scritta dalla scrittrice russa Ayn Rand (nata a San Pietroburgo come Alisa Zinov'evna Rozenbaum) e pubblicato per la prima volta nel 1957 negli Stati Uniti.

E’ un romanzo di genere filosofico e distopico, costituito da tre libri lunghi, impegnativi, ma anche avvincenti.

In un’epoca futura imprecisata la società entra in crisi per una grave crisi economica e cresce la disoccupazione. I Governi cercano soluzioni aumentando il proprio potere sui cittadini e limitando le libertà. Al contrario due persone lottano strenuamente contro la crisi per mantenere in piedi le loro aziende, Dagny Taggart, una giovane imprenditrice, vicepresidente di una società di ferrovie transcontinentali fondata dal padre, la Taggart Transcontinental e Hank Rearden, un magnate del metallo, che ha da poco sviluppato una nuova lega, il Rearden Metal, più resistente e più leggera dell'acciaio.

La loro unione sentimentale e il loro progetto professionale è al centro del primo libro e il loro rapporto proseguirà fino alla fine della storia.

Nel frattempo alcuni imprenditori cambiano atteggiamento rispetto al passato, al punto da distruggere il proprio impero aziendale, mentre quelli più importanti e dalla mente geniale cominciano a sparire in modo sospetto, abbandonando tutto; in città si diffonde, fra la gente, uno strano slogan, quasi un modo di dire, apparentemente senza senso: "Who is John Galt?" ("Chi è John Galt?"). Tale espressione viene ripetuta come risposta ogni qual volta viene posto un interrogativo su un argomento importante e difficile, quasi in modo sarcastico.

Seguiamo le vicissitudini dei protagonisti trasportati in sempre nuove avventure con continui colpi di scena, mentre sullo sfondo si assiste ad un mondo che sta finendo schiacciato da povertà e rivolte.

Fino a che Dagny Taggart, alla fine di un inseguimento, arriva in una città misteriosa e futuristica, Galt's Gulch (La gola di Galt), celata dietro uno schermo che rifrange i raggi di luce, nascondendo ciò che vi è all'interno. Dagny la descrive come una sorta di Atlantide, e qui incontra finalmente John Galt, il misterioso uomo di cui la gente parla, l'artefice del grande piano di scomparsa dei geni dalla società; egli, infatti, promuove la prima forma di sciopero intellettuale.

Gant ha convinto coloro che sono stati alla base del progresso e dello sviluppo del mondo imprenditoriale a ritirarsi, a rinunciare al proprio lavoro, facendo cadere la società in un baratro nel quale tutti capiranno la loro importanza rispetto a quella dei politici di professione.

Il finale, con le luci di New York che si spengono sono il segno che lo sciopero intellettuale ha funzionato e che è giunto il momento della rinascita della società, come promesso da Gant. Un ritorno alle origini, dove la genialità viene condivisa e crea un nuovo mondo.